Al termine dell’Assemblea legislativa di questa mattina, aperta dal minuto di silenzio per le vittime degli attacchi terroristici di Parigi, i Consiglieri del gruppo del Partito Democratico hanno esposto l’immagine stilizzata della torre Eiffel, a ricalcare il simbolo della pace che a poche ore dalla strage un vignettista aveva disegnato con una matita nera.

Durante il dibattito in Aula era intervenuto a nome del gruppo il Presidente Stefano Caliandro sottolineando che questo “non è il momento dell’esasperazione dei toni e dell’incitazione a crociate anti-islamiche, ma del superamento delle divisioni per una soluzione che tenga insieme 4 principi cardine: cultura, cooperazione internazionale, diplomazia, repressione. Quello che serve – conclude Caliandro – è un’azione forte dell’ONU con l’obiettivo primario di porre fine al conflitto siriano”.

VIDEO. L’intervento in aula del capogruppo PD Stefano Caliandro

IL TESTO DELL’INTERVENTO DEL PRESIDENTE DEL GRUPPO PD DELL’ASSEMBLEA LEGISLATIVA DELL’EMILIA ROMAGNA STEFANO CALIANDRO

Probabilmente, come accadde per l’11 settembre, non dimenticheremo mai più la sera e la notte di quel venerdì 13 novembre in cui una serie di attacchi terroristici ha colpito il cuore di Parigi, nel modo più vile e violento in cui lo si poteva fare: spezzando vite, soprattutto giovani, nei luoghi del divertimento, dell’incontro, in cui nessuno si aspetterebbe mai di mettere a rischio la propria vita.

In queste ore abbiamo scorso decine e decine di immagini, volti sorridenti, nomi e cognomi di diverse provenienze e culture, rimasti schiacciati dalla follia omicida di un fondamentalismo che non ammette dialogo, diversità, che non conosce ragioni.
Ci era stato chiaro già il 7 Gennaio, con gli attentati di Charlie Ebdo che eravamo davanti ad un’idea nuova di “terrore”; non un classico attentato, ma una vera e propria azione militare, organizzata per gruppi di fuoco coordinati da una regia di comando, capaci di agire in simultaneità moltiplicando in maniera esponenziale gli effetti devastanti della propria azione.

Tutto questo ci pone davanti ad un momento inedito della storia del nostro continente e ci impone capacità di riflessione, di analisi, di decisione.

Insieme col popolo francese, con Parigi, con quelle vite spezzate, sono stati attaccati i nostri valori.

La commozione e la rabbia che tutti noi oggi sentiamo non devono però offuscare la nostra capacità di discernere quanto accaduto a partire dal non confondere questa guerra con una guerra di religione.

Tra le cronache di quelle ore terribili, piene di storie di vite interrotte, mi ha colpito quella di due sorelle poco più che trentenni, originarie della Tunisia, musulmane.

Festeggiavano il compleanno di un’amica in un ristorante. Oggi non ci sono più, anche loro vittime della strage.
Questo solo a sottolineare come ciò a cui ci troviamo di fronte è un attacco a chiunque si opponga, anche solo nel vivere una vita normale e libera, all’affermazione dello stato islamico.

Musulmani considerati miscredenti e ipocriti, come riportato nelle agghiaccianti parole del comunicato di rivendicazione dell’Isis.

Tutto il dolore e il lutto che sentiamo nostro, perché appartiene a uno stato fratello, simbolo dei valori e della civiltà europea, deve oggi farci ricordare, insieme alla ferma condanna della barbarie, che questa è una guerra che si combatte prima di tutto dentro al mondo islamico.

Una guerra che si intreccia agli interessi egemonici di varie potenze e che coinvolge un occidente reo di aver creato stati considerati “impuri” dal califfato, che li vorrebbe oggi uniti nel segno dello Stato Islamico, detentore della “vera religione”.

C’è una lotta in corso nell’islam, tra sciiti e sunniti, tra jhadisti e moderati, fotografato da tutti gli attentati sanguinari di questi mesi, una guerra civile in cui l’occidente è usato da Daesh come strumento per gettare tutto il mondo musulmano tra le braccia del fondamentalismo.

Non è il momento dell’esasperazione dei toni e dell’incitazione a crociate anti-islamiche, ma del superamento delle divisioni per una soluzione che tenga insieme 4 principi cardine: cultura, cooperazione internazionale, diplomazia, repressione.

Quello che serve è un’azione forte dell’ONU con l’obiettivo primario di porre fine al conflitto siriano, recuperando una compattezza d’azione dell’occidente che finora ha invece agito per vie distinte.

Trovo che l’Italia, in questo senso, si stia muovendo nella giusta direzione.

A Vienna abbiamo sostenuto la necessità di un coinvolgimento di Iran e Russia nella soluzione della crisi siriana che a oggi ha causato 250mila morti e migliaia di profughi in fuga dagli orrori.
Non dobbiamo dimenticare che ci sono anche gravi responsabilità dell’occidente rispetto al fuoco di odio che da troppi anni brucia in medio oriente e alla nascita dei fondamentalismi.

E che forse è tempo di superare l’idea fallimentare di una democrazia da esportazione.

È la consapevolezza di queste responsabilità che porta oggi Obama e Papa Francesco ad invitare al dialogo con l’Islam moderato.

Monsignor Zuppi, arcivescovo di Bologna, commentando gli attentati di Parigi ha dichiarato:
“Compiere una strage in nome di Dio è una bestemmia. Dio non c’entra niente con la violenza. Dobbiamo invece, con fermezza, riaffermare la capacità dell’incontro, la vicinanza, il sentirsi figli di Abramo e stabilire in questo il vero argine al fanatismo”
Parigi apre un nuovo scenario: l’attentato ricorda Mumbai 2008, ricorda la strage a Garissa nell’università Keniota di studenti cristiani.

Violenza contro simboli e contro inermi, contro un’umanità, come quella della nostra giovane connazionale Valeria, che credeva in un’idea di convivenza, pace e aiuto.

Di fronte ad un’opinione pubblica fortemente scossa e provata dobbiamo lanciare il messaggio che la pace e la libertà sono più forti di barbarie e totalitarismo.

Quel messaggio che i cittadini francesi hanno saputo lanciare la sera stessa degli attentati:
– i tifosi evacuati dallo stadio che intonano la Marsigliese,
– le famiglie che aprono le porte delle proprie case alle persone in fuga dagli spari e dalle esplosioni.

Una reazione di smisurato orgoglio e dignità che colpisce e commuove profondamente. L’immagine di un popolo che non cede alla tragedia, alla paura, all’ingiustizia.

Parigi è sempre stata una città simbolo dell’Europa, la Tour Eiffel è uno dei monumenti più visitati e amati al mondo, emblema tra i più riconosciuti e significativi del nostro continente.

A poche ore dalla strage un vignettista ha disegnato con una matita nera l’immagine stilizzata della torre, a ricalcare il simbolo della pace.

Con un tweet quell’immagine ha fatto il giro del mondo diventando il simbolo della solidarietà al popolo francese…..

Da oggi la Tour Eiffel è anche un simbolo di pace.

Il simbolo dell’Europa unita, democratica e civile che non si piega alla follia omicida dell’esercito della paura e del terrore.

L’Europa ce la farà.

Marciando insieme per la costruzione della pace, ancora una volta.

Intonando la Marsigliese.